CASSIO
Abbiamo intervistato Cassio, cantautore sui generis di Livorno, che ci ha raccontato il suo
progetto e il suo ultimo lavoro.
-tutte le cose belle fanno la stessa fine.-

Fotografíe di Mattia Zopellaro
In questo anno, 2025, hai publicatto tre singoli, “Cadavere”, “Pijama” e “Mamma”. Sono il prologo di un nuovo album?
Sì, lo sono. Non saranno gli unici singoli a essere estratti e pubblicatia , ovviamente. Nella mia tabella di marcia, nella nostra tabella di marcia, non proprio tutti i mesi, ma una volta ogni 40 giorni uscirà una canzone, sempre. Da qui a novembre dovrebbe uscire l’album. Prima dell’uscita dell’album dovranno uscire ancora altri tre brani.
Il tuo singolo più recente, “Cadavere”, parla di una relazione finita. Come hai scelto il titolo?
Beh, in realtà non saprei neanche spiegarlo bene. Parla sicuramente di amore, non parla proprio di una relazione finita, parla di un amore, dell’unico modo in cui sono capace di intendere l’amore, quindi in maniera molto bucolica, in maniera sempre molto combattuta, in maniera sempre molto triste, perché tutte le cose belle fanno la stessa fine. Nella mia vita è stato quasi sempre così. Perché il titolo “Cadavere”? Lo dice nella canzone, : “non avevo mai abbracciato un cadavere prima”. In genere per dare i titoli alle canzoni scazzo, cioè prendo la parola che mi buca di più e diventa il titolo, ma non c’è un significato nascosto dietro a questa cosa.

In “Pijama” dici: “siamo esseri umani, mediocri e di merda”. Ti riferisci alle protagonisti della canzone o è una critica più ampia?
No, è entrambe le cose, perché in “Pijama” sostengo il fatto che è una presa di coscienza di non essere speciali. Tutte le persone che si amano o che cercano di amarsi pensano in qualche modo di essere speciali, di essere diverse da tutti gli altri. E io invece dico proprio il contrario, è pisciarci sopra, perché la realtà è che nessuno è speciale, siamo tutti soliti pezzi di merda come tutti gli altri.
“Mamma” è un inno che dobbiamo alle madri? La persona che appare nella cover della canzone è tua madre?
Sì, è lei.

Il tuo stile si colloca a metà strada tra indie, pop alternativo ed elettronica. Ti senti più inclinato verso uno di questi generi?
Dipende dal momento, perché io purtroppo sono veramente una persona instabile e lunatica. Sono dei Gemelli e tutti i giorni penso di essere una persona diversa e tutti i giorni mi piacciono cose diverse. Magari adesso posso essere convinto di essere un cantautore e domani sono solo un coglione. Dipende dal momento, cambia completamente. Nell’ultimo mese ho scritto quattro canzoni che sono completamente diverse l’una dall’altra, non c’entrano un cazzo.
Pensi che la tua esperienza con i Tinkerbell e la Maison avuto un impatto sul tuo lavoro attuale?
Certo, se non avesse avuto impatto non avrei imparato un cazzo. Tutte le cose che facevamo prima di oggi, se siamo persone intelligenti, devono per forza avere un impatto, sia buono che cattivo: sia per capire che qualcosa è stato fatto bene, sia per capire che qualcosa è stato fatto male. Imparare dai propri errori o dalle proprie esperienze credo che sia alla base di un essere umano intelligente.
Conosci qualche band attuale della scena spagnola?
Cazzo sì. C’è un mio amico carissimo, si chiama Paul Battle.
A quale film avresti dedicato la colonna sonora?
Beh, forse mi sarebbe piaciuto scrivere la colonna sonora de Il favoloso mondo di Amélie o di Amarcord, o… non lo so, cose comunque nostalgiche, sognanti, che fanno un po’ ridere ma sono profondamente tristi.

La tua cronologia musicale
A 12 anni non avevo proprio una consapevolezza della musica, credo che ascoltassi più o meno quello che passava in TV. Ascoltavo MTV, e quindi ascoltavo i Blink-182, ascoltavo i Green Day, ascoltavo quelle cose lì.
Nella scelta della musica, certe cose mi hanno sempre fatto schifo. Mi piaceva solo il punk e ascoltavo solo punk, quindi non ascoltavo altro, non avevo questi grandi Guilty Pleasure.
Anche se i Guilty Pleasure ce li hanno tutti, i Backstreet Boys li cantano tutti in macchina, Tiziano Ferro lo cantano tutti. Però ero piccolino, a 13 anni, quando c’erano i Backstreet Boys ne avevo 12.
Sì, be allora, a dirla tutta, Tiziano Ferro è un Guilty Pleasure, ma non è che lo ascolto. Però ai tempi in cui suonavo nel La Maison, in un autogrill durante un viaggio abbiamo rubato un disco che c’era lì, era l’unico disponibile, ed era di Tiziano Ferro. Non avevamo altri dischi in macchina e abbiamo ascoltato quel disco di Tiziano Ferro veramente fino a vomitare. E adesso le so tutte, tutte tutte, gli voglio bene anche, cioè è diventato, ti giuro, un amico mio.
Una delle tue performance ti ha sorpreso.
Una volta stavamo suonando a Lugano, a un festival lì, e a un certo punto mi sono reso conto che le persone più eccitate, quelle che urlavano e stavano tutte intorno a noi, erano solo i tossici, dei tossici del parchetto. Questa cosa in realtà mi ha sorpreso fino a un certo punto, ma è stata sicuramente divertente.
O, non lo so, sono rimasto sorpreso la prima volta che ho sentito persone cantare qualcosa che avevo scritto, e successe a Milano. La prima volta che succede di sentire persone che non conosci cantare le tue canzoni… insomma, il mio cuore è esploso, mi ha sorpreso, sì.
In quale paese o luogo ti piacerebbe esibirti?
In Spagna. Adesso canto in italiano, quindi temo che non abbia molto senso esibirmi, non so, in altri paesi, proprio per il divario linguistico. Prima, quando cantavo in inglese, mi sarebbe piaciuto suonare in America, mi sarebbe piaciuto suonare in America… in Spagna ho già suonato, ma comunque sia mi sarebbe piaciuto suonare soprattutto in America, in realtà. Forse perché ascoltavo quasi tutta roba americana da bambino, quindi era un po’ un sogno. Adesso, a dire la verità, non me ne frega un cazzo.